Sinossi

Le lettere ora pubblicate testimoniano il costante e profondo rapporto che legò i due filosofi italiani dalla metà degli anni Venti – allorché Guido Calogero (1904-1986) cominciò la frequentazione con Giovanni Gentile all’Università di Roma, laureandosi con lui nel dicembre 1925 – fino all’estate del ’42, anno del suo arresto, per antifascismo. Un arco di tempo che abbraccia quasi per intero il Ventennio, la cui presenza ingombrante più volte si intravvede sullo sfondo, sebbene mai per costituire motivo di attrito o di allontanamento. Le loro pur tanto distanti posizioni all’interno del Regime mussoliniano in a o quasi, infatti, interferirono nel fecondo scambio intellettuale che da semplice discepolato si mutò presto in stretta collaborazione editoriale e accademica.Molte le lettere che mettono in luce i rapporti di Calogero con la redazione del Giornale critico della filosofia italiana e con l’Enciclopedia italiana, della quale vengono evidenziati episodi legati alla redazione di singole voci.Numerosi gli studiosi italiani e stranieri menzionati, e fra questi molti i giovani incoraggiati al lavoro: Pilo Albertelli, Renato Cohen, l’allor giovanissimo Paul Oskar Kristeller; i rapporti con Luigi Russo e con Ernesto Codignola nelle sedi universitarie di Pisa e Firenze sono sullo sfondo di molti avvenimenti, arricchendone il contesto.Un affresco composito dunque, le cui parti eterogenee si fondono nel filo conduttore dell’onestà intellettuale, della non contaminazione tra quello che fu il dissenso politico e l’attività legata per un verso alla ricerca filosofica e per l’altro – e di non piccolo peso – all’insegnamento universitario.

Autore

Giovanni Gentile (Castelvetrano, 29 maggio 1875 – Firenze, 15 aprile 1944), filosofo e storico della filosofia, fu uno dei maggiori esponenti del neoidealismo filosofico e un importante protagonista della cultura italiana nella prima metà del XX secolo. Discepolo alla Scuola normale superiore di Pisa di D. Jaja (che lo avvicinò al pensiero di B. Spaventa), di A. D'Ancona e di A. Crivellucci; professore nelle università di Palermo (1906-13), Pisa (1914-16), Roma (dal 1917); direttore (1929-43) della Scuola normale superiore di Pisa, di cui promosse l'ampliamento e lo sviluppo; collaboratore con Benedetto Croce per un ventennio nella redazione della «Critica» e nell'opera di rinnovamento della cultura italiana; fondatore (1920) e direttore del «Giornale critico della filosofia italiana»; ministro della Pubblica Istruzione (ott. 1922 - luglio 1924); senatore del Regno (dal nov. 1922); socio nazionale dei Lincei (1932); presidente dell'Accademia d'Italia (dal nov. 1943). Considerò il fascismo come il continuatore della destra storica nell'opera del Risorgimento, e ad esso aderì; ma si tenne lontano, soprattutto nella collaborazione intellettuale, da ogni intransigenza verso persone di opposti convincimenti. Dopo essere stato ministro della Pubblica Istruzione, abbandonò la politica attiva, dedicandosi, oltre che agli studi, alla promozione e organizzazione d'imprese culturali (tra cui l'Enciclopedia Italiana, di cui fu anche il direttore scientifico). Il 24 giugno 1943 riapparve alla ribalta politica con un discorso sul Campidoglio, in cui auspicava, come italiano e "non gregario di un partito che divide", l'unione di tutte le forze per la salvezza del paese, che era sull'orlo della sconfitta. Nella seconda metà di novembre fu nominato da Benito Mussolini presidente dell'Accademia d'Italia, trasferita in quei frangenti a Firenze. E a Firenze fu ucciso da un gruppo di giovani aderenti ai GAP (gli scritti suoi di quel tragico periodo furono poi raccolti dal figlio Benedetto nel volume G. Gentile: dal discorso agli Italiani alla morte, 1950 - Ristampa 2024, Le Lettere).