Sinossi

Traduzione di Emanuela Jossa
«Ecco la mia bussola, ma avverto che il nord è il sud e viceversa; ecco la mia strada e il suo selciato, ecco il mio angolo con le sue sorprese; ecco la mia porta con le sue quattro chiavi; ecco la mia soglia con le tue orme leggere...»: così Mario Benedetti ci invita a un viaggio che è insieme spostamento reale, con l'eco dell'esilio vissuto in prima persona, e percorso interiore in cui via via si incontrano segnali dal passato, indizi del sogno, fantasmi amati o temuti, abitanti di una dimensione in cui il buon senso può diventare inutile o nemico. Il fascino di queste pagine sta nell'adesione all'oggi, alla realtà attuale e immediata, mai mutilata però della memoria del passato, e attraversata - come un brivido inatteso e consolante - dalla vigorosa tenerezza dell'autore.ESTRATTO DAL LIBRO Valigia per viaggi breviCara: quando me ne sono andato, quando finalmente ho deciso di andarmene, perché ormai mi era impossibile convivere con gli antidoti della paura, io mi ero accorto che poco a poco avevo cominciato ad odiare i miei angoli preferiti o gli alberi ondeggianti, e non avevo più tempo né voglia di rifugiarmi all’edicola del quartiere Flores, e gli amici di sempre iniziavano ad essere gli amici di mai, e c’erano più cadaveri nei depositi di spazzatura che nelle imprese di pompe funebri, allora ho aperto la valigia per i viaggi brevi (anche se sapevo che questo sarebbe stato lingo) e ho cominciato a a infilarci dentro ricordi a casaccio, oggetti insignificanti ma profondamente legati alla mia vita, immagini sintetiche della felicità, lettere che messe insieme raccontavano sofferenze, ultimi abbracci alla frontiera più vicina, sere senza le campane dell’angelus ma con il rumore a battola dei mitra, sorrisis che che erano state smorfie e viceversa, défaillance e a tti di coraggio, insomma, un’antologia delle folgie secche che il vento dell’abitudine non era riuscito a portare via dalla faccia della guerra.Con questa valigia dei viaggi brevi sono andato là e ancora più in là, qua e ancora più qua. Ogni tanto lavoravo con le mani agili e gli occhi asciutti, per guadagnarmi il pane, il vino, un tetto e un letto. Tuttavia, con la valigia dei viaggi brevi non avevo una relazione stretta. Io ero consapevole che stesse dormendo nel fondo dell’armadio sgangherato dal tempo e dai tarli. Ma a che scopo affrontare un passato in pillole, alcune nutrienti e altre avvelenate?Eppure certe volte, di domenica, quando la solitudine diventava silenzio insopportabile, prendevo la valigia dall’armadio e tiarvo fuori un ricordo; solo uno per volta, per non abbattermi. Così ho avuto tra le mani il libro che era stato sempre sul mio comodino e che devo aver letto una ventina di volte, però adesso mi sono dedicato alla lettura di diverse pagine e non mi daetto niente, non mi ha domandato né risposto a, mi è risultato estraneo. Così, l’ho buttato via.Un’altra domenica ho recuperato una foto che era diventata color seppia e lì c’erano vari personaggiche avevavno occupato un posto importante nella mia vita. Due di loro chissà dove sono; uno resta fedele a se stesso; tre, hanno trovato, una notte, una mortecon le spalline militari; altri due, con il tempo, sono diventati spie astute ed eleganti, e oggi godono del rispetto e dell’amnesia generale. L’ultimo sono io, ma anch’io sono un altro, quasi non mi riconosco, forse perché se mi guardo allo specchio non sono color seppia. Dopotutto, è una foto non più valida, scaduta. Così, l’ho buttata via.Un’altra domenica ho estratto dalla valigia un orologio subacqueo e antiurto. È di una buona marca svizzera, però era fermo a un crono/simbolo, e cioè l’ora, il minuto e il secondo, in cui hanno ucciso per strada Venancio, tu sai chi è, vale a dire che questo tempo era stato il mio Greenwich. A cosa mi serve un orologio che misura e fissa solo il tempo della disgrazia? Così, l’ho buttato via.Domenica dopo domenica ho vuotato la valigia: temperamatite, portapenne, occhiali da sole, ritagli di giornale, tranquillanti, agende, passaporti scaduti, altre fotografie, lettere di amici e nemici. La verità è che tutto mi sembrava caduco, inespressivo, silenzioso, incoerente, precario.Eppure ieri, domenica, ho messo un’altra volta la mano in quel pozzo del passato e la mano è uscita fuori con qualcosa di tuo: il fazzoletto di seta azzurra, quello che per tre stagioni su quattro ti avvolgeva il collo, il tuo collo giovane, bello, che ho tanto amato. Loro l’hanno fatta finita con te, e io sono solo in un mondo insopportabile. Hanno ucciso te invece di uccidere me. È difficile ammettere, accidenti, che tu mi hai sostituito nella morte.E quindi questa volta butterò nella spazzatura la mia povera valigia dei viaggi brevi e conserverò soltanto il tuo fazzoletto azzurro. Resterò con te per il viaggio lungo.

Autore

Mario Benedetti nasce a Paso de los Toros il 14 settembre 1920. Figlio di Brenno Benedetti e Matilde Farugia, i quali lo battezzarono con cinque nomi, conformemente alle usanze italiane, fino a due anni di età abitò con la famiglia a Paso del los Toros; successivamente, per ragioni di lavoro, la famiglia si trasferì a Tacuarembó. Dopo una permanenza fallimentare a Tacuarembó (dove furono vittima di una truffa), la famiglia si trasferì a Montevideo; Mario Benedetti aveva quattro anni d'età.Nel 1928 iniziò i suoi studi primari nel Collegio Tedesco di Montevideo, dove completò il corso di studi nel 1933. Iniziò quindi a frequentare il Liceo Mirandaper. Nel 1934 entrò nella Escuela Raumsólica de Logosofía. Nel 1935 realizzò i suoi studi secondari in maniera incompleta, completandoli poi da privatista a causa dei problemi economici della sua famiglia.All'età di quattordici anni cominciò a lavorare nella impresa di Will L. Smith, che realizzava ricambi per automobili. Tra il 1938 e il 1941 risiedette quasi continuamente a Buenos Aires, Argentina.Nel 1945 entrò a far parte della redazione del settimanale Marcha, dove rimase fino al 1974 (anno nel quale il giornale fu chiuso dal governo di Juan Maria Bordaberry). Nel 1954 venne nominato direttore letterario del Marcha. Il 23 marzo 1946 si sposò con Luz López Alegre, il suo grande amore e compagna di vita. Nel 1948 diresse la rivista letteraria Marginalia e pubblicò il volume di saggi Peripezia e Romanzo (Peripecia y novela).Nel 1949 divenne membro del consiglio di redazione del Número, una delle riviste letterarie più importanti dell'epoca. Partecipò attivamente al movimento contro il trattato militare con gli Stati Uniti d'America. Fu questa la sua prima azione come militante politico. Nello stesso anno ottenne il Premio del Ministero della Istruzione Pubblica per la sua prima raccolta di racconti, Questa Mattina (Esta mañana). Ne fu il vincitore in ripetute occasioni fino al 1958, da quando lo rifiutò ripetutamente per controversie sul regolamento.
Nel 1964 lavorò come critico teatrale e codirettore della pagina letteraria settimanale Al servizio delle lettere del quotidiano La mañana.Collaborò come umorista nella rivista Peloduro. Scrisse inoltre critiche cinematografiche su La tribuna popular.Tornò a Cuba per partecipare come giurato del concorso Casa de las America. Partecipò all'incontro con Rubén Darío. Andò in Messico per partecipare al II Congresso Latinoamericano degli Scrittori; partecipò inoltre al Congresso Culturale della Havana con la relazione Sulla relazione tra l'uomo d'azione e l'intellettuale e diventò Membro del Consiglio di Direzione della Casa delle Americhe.Nel 1968 fondò e diresse il Centro di Investigazione letteraria della Casa delle Americhe. Insieme ai membri del Movimento di Liberazione Nazionale – Tupamaros fondò, nel 1971, il Movimento delle Indipendenze 26 marzo, un raggruppamento che passò a formare la coalizione delle sinistre Frente Amplio. Benedetti fu dirigente del movimento. È nominato direttore del Dipartimento di Letteratura Ispanoamericana nella Facoltà di nella Facoltà di Umanistiche e Scienza dell'Università della Repubblica. Pubblica Cronoca del 71 (Crónica del 71), composto per lo più da una raccolta di editoriali politici pubblicati nel settimanale Marcha, una poesia inedita e tre discorsi letti durante la campagna del Frente Amplio. Pubblica anche I poemi comunicanti (Los poemas comunicantes), con interviste a vari poeti latinoamericani. Nel 1973, dopo il colpo di stato militare a causa del suo attivo favoreggiamento per la sovversione marxista, deve abbandonare l'Uruguay, lascia il suo incarico all'Università e parte per l'esilio a Buenos Aires. Viaggia per l'Argentina, il Perù, la Spagna. Furono dieci lunghi anni che lo videro lontano dalla sua patria e da sua moglie, la quale dovette rimanere in Uruguay per accudire alla madre ed alla suocera. La versione cinematografica di La Tregua, diretta da Sergio Renán, ricevette, nel 1974, la nomination alla quarantasettesima manifestazione del premio Oscar, per il miglior film straniero. Nel 1976 torna a Cuba, questa volta come esiliato, e si unisce nuovamente al Consiglio di Direzione della Casa delle Americhe. Nel 1980 si trasferisce a Palma de Maiorca. Due anni più tardi inizia la sua collaborazione settimanale nelle pagine dell'Opinion il quotidiano El País. Nello stesso anno il Consiglio di Stato di Cuba gli concede onorificenza Orden Félix Varela. Nel 1983 si trasferisce a Madrid. Torna in Uruguau nel marzo del 1983 iniziando l'autonominato periodo desexilio, ragione di molte sue opere. È nominato Membro del Consiglio Editori della nuova rivista Brecha, che è una prosecuzione del progetto della rivista Marcha interrotto nel 1974. Nel 1986 riceve il premio Jristo Botev de Bulgaria, per la sua opera di di poeta e saggista. Nel 1987 premiato a Bruxelles con il Premio Llama de Oro de Amnistía Internacional per il romanzo Primavera con un angolo rotto. Nel 1989 è decorato con la Medalla Haydeé Santamaría dal Consiglio di Stato di Cuba. Nel 1997 è investito del titolo di Dottore Honoris causa dall'Università di Alicante. Il 31 maggio del 1999 premiato con VIII Premio Reina Sofía de Poesía Iberoamericana. Il 29 marzo del 2001 la fondazione Iberoamericana José Martí Premio Iberoamericano José Martí. Il 19 novembre del 2002 fu nominato cittadino onorario di Montevideo. Nel 2004 gli venne dato il Premio Etnosur. Nel 2004 venne presentato per la prima volta a Roma, un documentario sulla vita e la poesia di e con Mario Benedetti intitolato "Mario Benedetti e altre sorprese". Il documentario fu scritto e diretto da Alessandra Mosca, fu patrocinato dalla Ambasciata dell'Uruguay in Italia. Il documentario partecipò al Festival Internacional del Nuevo Cine Latinoamericano de La Habana al XIX Festival del Cinema Latinoamericano di Trieste e al Festival Internacional de Cine de Santo Domingo. Nel 2005, Mario Benedetti il libro di poesie "Addii e Benvenuti" (Adioses y bienvenidas). Nell'occasione venne presentato anche il documentario Parole Vere (Palabras verdaderas), al quale partecipò in prima persona. Il 7 giugno del 2005 si aggiudicò il XIX Premio Internazionale Menéndez Pelayo, e la medaglia d'onore dell'Università Internazionale Menéndez Pelayo. Il premio, concesso dall'Universidad Internacional Menéndez Pelayo, è un riconoscimento all'opera di persone di spicco che si sono distinte nella attività letteraria e scientifica, tanto in lingua spagnola come in portoghese. Mario Benedetti ripartiva il suo tempo nelle sue case in Uruguay ed in Spagna occupandosi dei suoi numerosi impegni. Dopo la morte di sua moglie Luz López, il 13 aprile 2006, a causa dell'Alzheimer, Benedetti si è definitivamente trasferito nel quartiere Centro di Montevideo, Uruguay. A causa del suo trasferimento, Benedetti donò parte della sua biblioteca personale di Madrid, al Centro de Estudios Iberoamericanos Mario Benedetti dell'Università di Alicante.È morto il 17 maggio 2009 nella sua casa di Montevideo, a 88 anni.fonte Wikipedia