Redazione Le Lettere
 14/07/2023

Quando qualcuno partiva con un gruppo di amici o parenti benestanti per un posto lontano nel vecchio continente, perché voleva conoscerne la storia e la cultura, si diceva che partisse per il Grand Tour, così era abitudine almeno nel XVIII secolo. I tempi di viaggio erano molto più lunghi, una volta ci si spostava in nave e il posto di primo approdo era lo stesso da cui si ripartiva verso casa. Abitudini che mal si conciliano con l’epoca del turismo globalizzato in cui tutto debba essere vistato nel minor tempo possibile. Eppure, dal celebre Grand Tour che spopolava negli anni Settanta è nato la forma di turismo di massa che pratichiamo oggi. In opposizione a questa centrifuga culturale che assorbe le vacanze dei turisti esiste un giro inconsueto e al rovescio su territori meno reclamizzati dalle calamite sul frigo, una piccola boucle (termine rubato al ciclismo) dei musei civici archeologici della toscana perché raccontano il bisogno di un territorio di riconoscersi in un luogo fisico e di diventare comunità. La Toscana vanta già un primato per longevità nella nascita del museo pubblico con il Museo Civico di Volterra che risale al 1732 a causa di una scoperta casuale a cui si è aggiunta una grande partecipazione della città che contribuì agli scavi e alle donazioni. La toscana in quegli anni era una terra per sognatori e avventurieri perché in un’altra città attraverso una serie di scavi, anche qui piuttosto casuali, scoprirono un teatro romano. Se è vero che la terra ci appartiene solo in un piccolo lembo di terra come Fiesole riuscirono a svelare dal sottosuolo addirittura un teatro., attorno a questa scoperta crebbe tutto intorno la città e il museo che ospitò i rinvenimenti degli anni successivi. E così un teatro da cui nacque il resto intorno diventò una città ideale per gli attori e terra d’adozione per i teatranti di tutto il mondo. Un’ altro museo in questa nostra avanscoperta archeologica ha una genesi artistica o quantomeno letteraria. A Grosseto è presente il MAAM (Museo d’arte e archeologia della Maremma) la cui fondazione si deve alla volontà di Giovanni Chelli, suo cittadino illustre che ha voluto donare alla città una biblioteca da cui venne istituto il Museo. Nel 1951 la Biblioteca e il Museo furono diretti da Luciano Bianciardi che portò avanti Bibliobus: un furgone che portava i libri nelle campagne maremmane in cui alternativamente non sarebbero mai arrivati. Da questa sua iniziativa presero forma le inchieste sui minatori della maremma che scossero l’opinione pubblica di quegli anni.

Dall’esperienza dei Musei Civici emerge il valore costitutivo per la gente e il legame con le storie remote e recenti del suo territorio. Alcune leggende che riemergono da lontano e si depositano sulle strade e nei racconti delle persone come ciottoli portati dai fiumi. Secondo le cartografie antiche, Vetulonia, capitale antica dell’Etruria, nasceva come città d’acqua, con uno sbocco sul mare e chissà quali navigatori risalirono quelle acque e quali storie questa terra ha celato nel suo ventre attraverso i secoli. Questi musei archeologici sono una testimonianza di una traccia, di un passaggio di popoli antichi. Il Museo Civico di Cetona sorge su un territorio abitato dai tempi del Paleolitico. Circa trecentomila anni fa, gruppi di cacciatori nomadi hanno lasciato tracce del loro passaggio nella pancia pedemontana occidentale del Cetona. Sui rilievi collinari si ha la prova che da qui passarono grandi mammiferi come elefanti, ippopotami e rinoceronti. Così rimarrà nella genesi e nella tradizione di questo territorio per chi lo vive e per chi lo ha vissuto, e per chi si appresta a visitarlo per via di questo nostro Grand Tour al rovescio, che da queste parti, su queste strade, alcune centinaia di secoli fa, passarono i rinoceronti.

In questa traversata della toscana, questo giro su quindici tappe che si inerpica per luoghi di montagna, si affaccia sul mare e si distende su coste collinari, ci accompagna un unico pensiero comune che i musei civici archeologici sono stati istituti per preservare un patrimonio condiviso e per tramandare un senso di comunità.