Redazione Le lettere
 01/04/2020

Abat Jour, Abbiategrasso. Così comincia la Nuova Enciclopedia scritta da Alberto Savinio, artista e scrittore controcorrente. Ha scritto, a metà degli anni Settanta, una sua versione di enciclopedia perché era scontento di quelle che erano in circolazione. Nella sua raccolta, tra le prime voci, cadrebbe a pennello Alberto Arbasino. Nato a Voghera nel 1930 è stato un critico, giornalista e intellettuale. E’ stato uno scrittore capace di raccontare l’Italia del dopoguerra che si trascinava nei vialoni di provincia e che voleva affacciarsi sul mondo. Arbasino è un romanziere capace di allargare il mondo che descriveva, di renderlo più vasto. Per questo entrerebbe nell’enciclopedia di Savinio, perché ha tratteggiato un profilo tutto italiano con un tratto personale e rocambolesco.

Dopo luminosi percorsi accademici, arriva a Milano in un giornale eclettico come il Giorno degli anni Sessanta, diretto da Italo Pietra. Curava la pagina di letteratura del mercoledì che riempiva di autori inglesi semisconosciuti come Firbank o il Tristram Shandy di Sterne. Passa per il Corriere della Sera e per La Repubblica scrivendo di Costume e di una società che irrompeva nel paesaggio borghese italiano, scompigliandola con guizzi e caricature. Era come un sarto pregiato che dal suo laboratorio raccontava la mondanità.

Piccole Vacanze, si chiama il suo primo romanzo, è curato da Italo Calvino e uscito nel 1957. Ville sepolte tra gli alberi, infanzie favolose nel mezzo di desolate strade provinciali del Dopoguerra. Un romanzo di paese raccolto in un’estate. Arbasino si districava in mezzo alla vita di provincia per raccontare il movimento irrequieto dei suoi protagonisti catturando le sublimi imprese, le cadute di gusto e le false partenze. Scriveva con uno stile sciolto che si intrecciava a uno scrittura sofisticata., slegato dalla continuità di stile del romanzo, aderisce al Gruppo 63 movimento di avanguardia letteraria. Scrive Fratelli d’Italia nel 1963, libro di una vita che racconta lo sfrenato viaggio di due ragazzi nell’Italia degli anni sessanta. Un romanzo di conversazione in cui emergono i viaggi, le corrispondenze e le polemiche. Fratelli d’Italia ha sbobinato i vizi e le magagne degli italiani fotografando un realismo atipico non nella descrizione ma nello sberleffo. Alberto Arbasino aveva una postura naturale nel ribaltare la tradizione, nel viaggiare contromano. “Era sempre altrove”, ricorda Pietro Citati suo collega al Giorno. “Se non era a Voghera era Milano, se non era a Milano passeggiava con un passo che non si poteva arrestare per le strade di Roma. Se non era a Roma era a Londra o a Buenos Aires”. Come il suo stile , come sui romanzi e articoli, Alberto Arbasino non era confinabile, tantomeno in una normale enciclopedia.