Russia. Le Macerie della Diplomazia Culturale
Un breve approfondimento sul ruolo storico e culturale di un Paese al confine tra Europa occidentale e mondo orientale. Tratto dal libro Soft Power e l'arte della diplomazia culturale.

La Kultura russa è nettamente diversa da quella del resto del mondo. Nonostante molti considerino la cultura come un concetto esclusivamente interno a una nazione, nel caso della società russa questo approccio non riesce a spiegare tutto ciò che può essere identificato come distintamente russo. Complice un’estensione territoriale di oltre diciassettemila chilometri quadrati, tale peculiarità è stata ancora più accentuata dalla dissoluzione, nel 1991, dell’Unione Sovietica, con la politica di una popolazione assai ricca e variegata. La fine dell’URSS ha reso più complesso delineare i tratti di una specifica e unica cultura russa, la cui definizione è, per certi versi, instabile e tuttora in fieri. L’attività diplomatica del Paese ha infatti riflettuto tutto questo. Sebbene la Russia sia stata influenzata dall’Europa occidentale, dal mondo orientale, dalle culture del Nord e dall’impero bizantino, e sia culturalmente connessa con loro, si sostiene spesso che, a causa della sua storia, geografia e popolazione – appartenente a diverse famiglie linguistiche ma incorporata in un’unica cultura russa– il Paese abbia sviluppato un carattere di “terza cultura” che, per molteplici aspetti, differisce sia dalla cultura occidentale che da quella orientale. La cultura del popolo etnico russo, insieme alle culture di molte altre etnie rientranti nel territorio della Federazione Russa, ha una lunga tradizione di successi in molti campi, che hanno avuto una notevole influenza su tutta la cultura mondiale: dalla letteratura alla filosofia, dalla musica classica al balletto, dall’architettura alla pittura, dal cinema alla politica. Nonostante questa ricchezza, in Russia si è compresa relativamente tardi l’importanza del soft power nelle relazioni internazionali, e risulta assai peculiare il modo in cui tale concetto è stato declinato. Anzitutto perché il Cremlino ha sempre considerato il soft power come un concetto tipicamente americano, “buono” per il mondo occidentale. In secondo luogo, perché, quando ha deciso di svilupparlo, lo ha inizialmente inteso come strumento di aggressione e non di attrazione, trasformandolo quindi in una sorta di hard power.
In ogni caso, la lingua è stata il primo strumento di soft power: parlata da duecentosessantacinque milioni di persone, il russo permette l’accesso a una delle più ricche letterature mondiali e mantiene un ruolo assolutamente rilevante nell’area post-sovietica. La Russkiy Mir Foundation istituita nel 2007 per volere di Vladimir Putin sul modello di agenzie di promozione culturale simili, come British Council e Goethe Institute, si rivolge proprio ai Paesi dell’ex-Unione Sovietica allo scopo di rinsaldare, attraverso la diffusione della lingua e della cultura russa, il legame tra Mosca e i suoi vecchi satelliti. A questo intento attrattivo, la fondazione unisce la volontà di riaccendere gli animi delle minoranze russe all’estero con l’obiettivo di farne una “quinta colonna” utile agli interessi diplomatici e commerciali di Mosca. Gli sforzi maggiori sono stati compiuti nel Baltico attraverso il finanziamento di associazioni culturali, manifestazioni e movimenti politici. Il crescente attivismo dei russofoni del Baltico ha nel tempo consentito a Mosca una maggiore capacità di intervento politico in quelle zone. Comprendendo l’importanza di diffondere la conoscenza della lingua e della cultura russa anche al di fuori dello spazio post-sovietico, il Cremlino ha deciso di aprire sedi della Russkiy Mir in tutta Europa, al fine di promuovere, insieme agli scambi culturali, l’immagine di una nuova Russia liberale ed europea.
Un altro ente creato per promuovere la cooperazione internazionale e gli scambi culturali è la Rossotrudnichestvo, agenzia autonoma del governo federale russo sotto la giurisdizione del Ministero degli Affari Esteri, la cui attività si basa su iniziative bilaterali realizzate attraverso centri di scienza e cultura russi stabiliti all’estero. L’agenzia, attiva dal 2008, opera prevalentemente in Asia Centrale, America Latina ed Europa dell’Est. Un segnale ancora più chiaro da parte della nuova diplomazia russa è arrivato due anni più tardi, nel 2010, quando, per la prima volta, lo Stato ha lanciato una politica ufficiale sulla diplomazia pubblica. L’allora presidente Dmitrij Medvedev approvò un documento denominato “I principali vettori della politica della Federazione Russa nella cooperazione culturale-umanitaria internazionale”, nel quale la cooperazione culturale-umanitaria internazionale veniva riconosciuta come «una parte inalienabile della politica della Federazione Russa sulla scena internazionale». Da allora, la Russia ha promosso molte altre iniziative, sia in ambito culturale e sportivo, dall’organizzazione delle Russian Seasons alle White Nights, ospitando i Giochi olimpici invernali nel 2014 e la Coppa del Mondo nel 2018. In particolare, le Olimpiadi Invernali di Sochi 2014, nonostante si siano disputate all’apice della crisi, sono costate oltre cinquanta miliardi e hanno ridisegnato la fisionomia del Paese, sia all’interno che all’esterno. Il successivo Mondiale del 2018, sulla medesima scia, si è posto come strumento fondamentale per affermare la Russia sulla scena globale e riproporre il Paese come pedina dello scacchiere geopolitico internazionale.
Naturalmente, l’impegno internazionale della Russia è in qualche modo più semplice, data la posizione strategica del Paese rispetto al resto del mondo, è una nazione a cavallo di due continenti. Tuttavia, è chiaro che le modalità di esercizio del soft power derivano e sono espressione dell’essenza stessa di un Paese, e quindi, come la cultura propriamente detta, non possono essere osservate al di fuori del contesto in cui emergono. Il governo russo, opponendosi al mondo “occidentale”, poggia proprio sul rifiuto della diplomazia e del liberismo, difendendo il non interventismo e la sovranità statale. L’immagine della forza e dell’abilità militari sono essenziali per la politica russa e ciò spiega, almeno in parte, perché la linea di demarcazione tra potere duro e debole a volte è così facilmente offuscata in Russia.
Da Soft Power e l'arte della diplomazia culturale di Gaetano Castellini Curiel, Le Lettere 2021