Benché scritta in una lingua a lui sostanzialmente sconosciuta, la letteratura tedesca ha rappresentato per Mario Luzi una fonte di ispirazione fondamentale. Tra i molti autori germanofoni con i quali il poeta è entrato in contatto, Novalis, Hölderlin e Rilke hanno rappresentato veri e propri punti di riferimento. Del primo a colpire Luzi è il delicato platonismo cristiano e un concetto di reale che si rivela sorprendentemente riattualizzabile nel dibattito sul realismo degli anni Cinquanta. Con Rilke il rapporto, pur intenso, appare controverso: da una parte distaccata ammirazione per la sua fantasia antropocentrica e sensuale, dall’altra sincera affinità all’insegna dell’orfismo e del recupero di una «hölderliniana» poesia ad alto potenziale speculativo. Ed è proprio Hölderlin a risultare l’autore d’elezione: uno dei pochi, come ha scritto Luzi, che «bisogna leggere sempre».
Marco Menicacci è ricercatore «Alexander von Humboldt» presso il Dipartimento di Romanistica dell’Università di Bonn e docente a contratto di Letteratura italiana all’Università di Costanza. Si occupa principalmente di Novecento, con particolare attenzione alle interazioni tra letteratura e filosofia. Tra i suoi contributi Luzi. Il demone filosofico (Cesati 2007) e la curatela della traduzione tozziana di Una notte al Lussemburgo di Remy de Gourmont (ivi, 2010).