Prefazione di Alberto Beretta Anguissola Con la sua analisi delle figurazioni del tempo all'interno della narrazione, del doppio gioco di io che ricorda e io ricordato, con il confronto tra il Proprio e l'Estraneo, nell'esperienza del doppio ruolo dell'io che narra e dell'io chiuso nel suo sentire, Jauss ritrova la genesi dell'opera implicita nell'opera stessa. Questo testo rappresenta un'interpretazione fondamentale della Recherche, vera pietra miliare della critica proustiana. Jauss porta alla luce l'architettura nascosta dell'intero ciclo e il percorso attraverso il quale Proust, dal suo debutto con Les Plaisirs et les Jours sino a Jean Santeuil, dalla ricezione e dal distacco da Ruskin fino alla critica al realismo balzachiano, è giunto finalmente alla scoperta della genuina poesia della memoria, non più platonica, e di una nuova psicologia nel tempo. Per il Proust di Jauss la memoria non è solo lo strumento di precisione della conoscenza mediata dal sentire, il ricordo non è mai mera riproduzione del passato, è anche l'origine autentica del bello. Il tempo perduto e ritrovato, il ricordo, hanno infatti il loro senso autentico non nel riprodurre, ma nel rivivere e nel ricreare. Si arriva così a comprendere anche il decisivo contributo di Proust alla formazione dell'estetica della modernità, e dell'ermeneutica letteraria di Jauss stesso.