Antonio Invernizzi

Nisa Partica. Le sculture ellenistiche

Le sculture ellenistiche

Collana: Monografie di Mesopotamia, 11
2009, XXIII+180, con illustrazioni a colori e in b/n pp.
Temi: Archeologia - Preistoria
ISBN: 9788860870346

Edizione cartacea

  • Brossura € 120,00  € 84,00

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Sinossi

INTRODUZIONEGli scavi a Nisa Vecchia della JuTAKE (Južno-Turkmenistanskaja Arheologi?eskaja Kompleksnaja Ekspedicija, Missione Archeologica Complessa nel Turkmenistan Meridionale), una delle grandi Missioni archeologiche sovietiche del dopoguerra che hanno rivelato la fondamentale importanza storica delle regioni centroasiatiche, portarono alla luce una straordinaria dovizia di reperti storico-artistici. A introduzione del presente studio, che raccoglie tutti i frammenti di statue marmoree là rinvenuti e individuati dall’A. nel Museo Nazionale di Ashgabat, siano riportate le poche informazioni relative all’oggetto, pubblicate dagli scavatori nei rapporti preliminari: nel 1949, nella Grande Casa Quadrata "fu portata a termine l’esplorazione della Stanza dei Rhyta. ... Nell’ambiente vicino, anch’esso a colonne, furono trovati frammenti di statue di marmo, tra cui una bella statua di dea alta 52 cm, conservata completa, tranne le braccia. Nello stesso ambiente fu trovata una testina femminile di marmo di eccellente fattura vicina al tipo dell’Afrodite Cnidia di Prassitele".E ancora: "La Grande Casa Quadrata conteneva alcune sculture di marmo di eccellente fattura ... . Le prime furono trovate nel 1949 nella stanza a colonne angolare del lato orientale, attigua alla Stanza dei Rhyta. Essa ha le stesse dimensioni e una pianta analoga, quattro basi litiche a toro sull’asse e banconi lungo le pareti. Questa stanza XII è stata convenzionalmente denominata Stanza delle Statue di Marmo. Qui furono rinvenuti frammenti di statue marmoree spezzate intenzionalmente: una testina leggiadra, identificata con Afrodite; la figura di una dea maestosa in lunga veste panneggiata, la testa staccata dal torso; bei frammenti di braccia e gambe sul pavimento e sui banconi.Nel 1952, terminato lo scavo delle stanze, fu iniziato quello del cortile, e qui in diversi luoghi furono trovati frammenti di oggetti che erano prima conservati nelle stanze murate, ma che furono dispersi durante il saccheggio; e fra questi anche frammenti di statue marmoree. Insieme con gli altri menzionati, essi costituiscono una collezione di grande interesse.Prevalgono le statue femminili, ma ve ne sono anche di maschili. Diverse per soggetto e stile, sono in genere figure singole, più di rado gruppi. Hanno in comune il materiale, un marmo bianco a grana grossa di straordinaria purezza, leggermente diafano, brillante come zucchero sulla frattura, nonché le dimensioni ridotte: l’altezza delle figure in genere non supera i 60-80 cm".Alle più significative tra queste sculture, e in particolare alle due statuette quasi complete e ai 4 frammenti maggiori (descritti qui nei capitoli I-II e III-VI rispettivamente), gli scopritori dedicarono uno studio dettagliato, del quale fu pubblicato anche un ampio estratto in tedesco, una delle rare comunicazioni sui risultati delle ricerche della JuTAKE a Nisa destinate alla comunità scientifica dell’Occidente. Le loro valutazioni storiche e storico-artistiche dell’eccezionale ritrovamento furono in seguito ribadite senza sostanziali mutamenti, e vennero recepite senza alterazioni nella letteratura archeologica dell’Unione Sovietica quale termine di riferimento assoluto, conservando a tutt’oggi piena validità nella Russia postsovietica.Certo la qualità delle immagini di queste sculture rese disponibili dalle prime pubblicazioni in lingua russa, d’altronde di difficile reperimento in Occidente, non poteva rendere sufficientemente conto dell’alta qualità artistica dell’esecuzione degli originali. E, nonostante la loro evidente importanza storica, comunicata dall’estratto in tedesco sopra citato, ma privo di illustrazioni, questo ritrovamento di sculture del più puro stile ellenistico in Asia Centrale fu del tutto ignorato negli studi sulla plastica ellenistica. Né suscitarono un interesse immediato le sommarie notizie divulgate per tempo in Occidente nella prima monografia dedicata alla documentazione archeologica dell’Iran partico, benché accompagnata da una modesta riproduzione delle due statue meglio conservate. Anche in seguito, soltanto queste ultime divennero l’oggetto di uno studio specifico, mentre della loro esistenza tace perfino un’opera eccezionalmente preziosa come il LIMC.A Torino, i ritrovamenti eccezionali prodotti dagli scavi a Nisa Partica sono stati invece oggetto di attenzione costante, perché centrali per il tema di ricerca sui rapporti tra Oriente e Occidente dopo Alessandro che ha caratterizzato buona parte dell’attività del Centro Ricerche Archeologiche e Scavi di Torino per il Medio Oriente e l’Asia. Le ricerche condotte dal Centro a Seleucia al Tigri, metropoli dell’Asia ellenizzata, sono state infatti presto affiancate dalla traduzione dello studio sugli eccezionali rhyta d’avorio di Nisa, l’unica pubblicazione approfondita pubblicata dalla JuTAKE sui risultati delle indagini a Nisa, riguardante nella fattispecie i rhyta, il gruppo di reperti di maggior valore e più ricco di informazioni.Nel 1990 gli scavi a Seleucia al Tigri dovettero venire sospesi, in conseguenza delle difficili condizioni politiche che hanno pesato sull’Iraq, e che in seguito sono divenute drammatiche a causa della guerra che ha devastato il Paese e il suo patrimonio archeologico. Proprio nel 1990 si aprì però al Centro torinese la possibilità di partecipare alle indagini sul campo a Nisa Vecchia in collaborazione con l’Istituto di Archeologia dell’Accademia delle Scienze del’URSS a Mosca e con il Parco Archeologico di Nisa. Fin dall’inizio, queste indagini furono integrate da un programma di rivalutazione dei risultati degli scavi della JuTAKE, un programma che era stato anticipato nel 1982 dalla traduzione della prima edizione dei rhyta. In particolare, ci si è rivolti allo studio sistematico, in aggiornamento delle pubblicazioni originali o ex novo, di tutti i reperti che è stato possibile localizzare nel Museo Nazionale di Ashgabat. Di essi è stata eseguita anche una ricognizione fotografica completa di alta qualità, capace di render giustizia all’importanza delle opere.Mentre di molti oggetti citati negli scarni rapporti preliminari della JuTAKE, dalle ceramiche alle monete, non sono state recuperate notizie dettagliate neppure negli archivi della Missione conservati a Ashgabat presso l’Accademia delle Scienze del Turkmenistan, tre gruppi di reperti sono accessili nel Museo Nazionale della capitale turkmena: anzitutto le piccole sculture di metallo, che non erano state mai studiate in maniera approfondita, e che sono state presentate in una prima monografia. Poi sono stati sottoposti a un rinnovato esame iconografico e stilistico i grandi rhyta eburnei; il loro studio, prossimo alla pubblicazione, aggiorna, completa e in parte modifica le valutazioni rese a suo tempo disponibili dagli scopritori. Questa loro nuova presentazione, affidata a Eleonora Pappalardo, si avvale di un apparato illustrativo totalmente rinnovato e ancor più completo. Nello stesso tempo, sono stati studiati tutti i frammenti di sculture marmoree, esposti nel Museo o conservati nei depositi, tutti di puro stile ellenistico. Le opere di scultura, delle quali le più significative erano già state oggetto di segnalazioni preliminari, vengono qui descritte e discusse con il supporto del corredo illustrativo che esse richiedono. Esse contano infatti di diritto tra i documenti più significativi della scultura ellenistica e della storia dell’ellenismo non meno che della storia dell’Oriente ellenizzato e dei parti.Nella discussione delle opere maggiori si è ritenuto opportuno affrontare in maniera molto dettagliata i diversi aspetti del loro inquadramento, soprattutto sul piano iconografico, ampliando fors’anche al di là del necessario i termini di confronto, in senso positivo o negativo, proprio in considerazione del luogo del loro ritrovamento tanto al di fuori dei naturali limiti geografici della civiltà classica greco-romana, così come comunemente intesi, un luogo che corrisponde al loro ambiente di creazione, al fine di sottolineare in modo particolare l’importanza storica di questo fatto. Si è dunque insistito con particolare forza sulla stretta appartenenza di queste sculture alla cultura artistica dell’ellenismo e nello stesso tempo sull’originalità di molte caratteristiche rispetto a quella mediterranea. Ne risulta in tal modo evidenziato il contributo che i loro artefici hanno dato alle variazioni motiviche e stilistiche della plastica ellenistica, a supporto della convinzione dell’esistenza nell’Asia Centrale ellenizzata di botteghe di ottimi scultori greci – greci d’Asia –, e della vitalità degli ambienti artistici di cultura squisitamente greca nei quali essi operavano per committenti asiatici. Si è infatti anche cercato di impostare sistematicamente domande sul significato che può avere avuto per i regali committenti la presenza di queste immagini di divinità greche nel memoriale arsacide di Nisa, e di indagarne i possibili riferimenti a contenuti iranici.

Autore

Già ordinario di Archeologia e Storia dell’arte del Vicino Oriente antico, Antonio Invernizzi ha ricoperto la carica di Direttore Scientifico del Centro Ricerche Archeologiche e Scavi di Torino e ne è stato Presidente fino al 2010. Oggi è Professore Emerito presso l’Ateneo di Torino e socio dell’Accademia delle Scienze di quella città.