Sinossi

A cura di Marco Marchi

Fin dall’inizio di Bestie Tozzi invoca la libertà, la dolcezza, il ricongiungimento. Gli sguardi di un’anima già avvertita e definita «piena di occhi chiusi» (Barche capovolte) si indirizzano preferenzialmente verso scenari normalizzati, specie campestri; ognuna delle bestie qui doviziosamente chiamate a raccolta sarà, secondo l’associazionismo jamesiano, il segno materializzato di un proprio disagio e di una propria conoscenza: una sorta di dislocazione rintracciata di quel che di non saputo l’io porta con sé, del suo inquietante impasto di «buca di scorpioni» e «nido di usignoli», di «bisbigli» e «code paurose». All’insegna di modi di essere, il dentro e il fuori an ano demarcazioni di territorio: tutto sarà estasi o incubo. A dare consistenza al fantasma animalesco che come un appuntamento inevitabile e strutturante attende il lettore è ciò che Luigi Baldacci ha chiamato il «realismo del profondo» di Tozzi, l’espressionismo integrale di una scrittura ai vertici del Novecento.

Autore

Federigo Tozzi è uno in assoluto dei massimi scrittori italiani del primo Novecento e del Novecento tout court. Narratore senese morto giovane all’età di soli trentasette anni, ha lasciato una serie di opere che bastano a consacrarlo pienamente nella sua grandezza. Tra esse, pubblicate dalla casa editrice Le Lettere e criticamente curate da Marco Marchi, i romanzi Con gli occhi chiusi e Il podere, le prose di Bestie, la selezione antologica d’autore dell’epistolario cateriniano (Le cose più belle di Santa Caterina da Siena) e le splendide lettere alla fidanzata raccolte in Novale.