Sinossi

Conclusione delle «Opere complete» di Giovanni Gentile.
Nel 1926 Giovanni Gentile, col titolo di Frammenti di storia della filosofia, pubblicò un volume comprendente vari saggi di storia della filosofia. L’opera che qui si presenta, l’ultima della Collana delle Opere complete del Filosofo, è però cosa del tutto nuova in quanto costituisce una grande summa che va dai Presocratici agli autori contemporanei. Distribuiti in quattro sezioni e un’appendice, i Frammenti raccolgono scritti apparsi in diverse riviste, tra cui «La Critica» e il «Giornale critico della Filosofia Italiana», introduzioni a classici quali Kant, Spinoza, Pomponazzi, inediti di notevole rilevanza tra cui quelli su san Filippo Neri e Donato Jaja. Gli inediti e i numerosi scritti già pubblicati ma difficilmente reperibili riempiono per tanti aspetti un vuoto nella storiografia filosofica di questo secolo e appaiono essi stessi fondamentali per una comprensione di varie correnti e personaggi. Il Lettore può così non solo rendersi conto della varietà e profondità di interessi del Gentile, ma trovarsi di fronte ad un’opera nuova, con analisi ancora non superate, che costituisce un punto fermo nella storia del pensiero. L’interesse per la storia della filosofia accompagnò il filosofo per tutta la vita e i saggi qui raccolti coprono un lasso di tempo che va dal 1897 sino agli ultimi anni di vita del Gentile. Non solo vengono illustrati gli autori al filosofo più cari, da Socrate a Hegel, da Spinoza a Kant a Rosmini a Spaventa ecc., ma larga parte è dedicata a pensatori contemporanei, sí che l’opera viene anche ad essere un’insostituibile chiave di lettura di buona parte della filosofia della prima metà del Novecento, necessario complemento e completamento di quei volumi di storia della filosofia, soprattutto italiana, che Gentile pubblicò durante la sua vita. Così i Frammenti vengono davvero a costituire un’opera di cui non può fare a meno chi si rivolge alla filosofia.

Autore

Giovanni Gentile (Castelvetrano, 29 maggio 1875 – Firenze, 15 aprile 1944), filosofo e storico della filosofia, fu uno dei maggiori esponenti del neoidealismo filosofico e un importante protagonista della cultura italiana nella prima metà del XX secolo. Discepolo alla Scuola normale superiore di Pisa di D. Jaja (che lo avvicinò al pensiero di B. Spaventa), di A. D'Ancona e di A. Crivellucci; professore nelle università di Palermo (1906-13), Pisa (1914-16), Roma (dal 1917); direttore (1929-43) della Scuola normale superiore di Pisa, di cui promosse l'ampliamento e lo sviluppo; collaboratore con Benedetto Croce per un ventennio nella redazione della «Critica» e nell'opera di rinnovamento della cultura italiana; fondatore (1920) e direttore del «Giornale critico della filosofia italiana»; ministro della Pubblica Istruzione (ott. 1922 - luglio 1924); senatore del Regno (dal nov. 1922); socio nazionale dei Lincei (1932); presidente dell'Accademia d'Italia (dal nov. 1943). Considerò il fascismo come il continuatore della destra storica nell'opera del Risorgimento, e ad esso aderì; ma si tenne lontano, soprattutto nella collaborazione intellettuale, da ogni intransigenza verso persone di opposti convincimenti. Dopo essere stato ministro della Pubblica Istruzione, abbandonò la politica attiva, dedicandosi, oltre che agli studi, alla promozione e organizzazione d'imprese culturali (tra cui l'Enciclopedia Italiana, di cui fu anche il direttore scientifico). Il 24 giugno 1943 riapparve alla ribalta politica con un discorso sul Campidoglio, in cui auspicava, come italiano e "non gregario di un partito che divide", l'unione di tutte le forze per la salvezza del paese, che era sull'orlo della sconfitta. Nella seconda metà di novembre fu nominato da Benito Mussolini presidente dell'Accademia d'Italia, trasferita in quei frangenti a Firenze. E a Firenze fu ucciso da un gruppo di giovani aderenti ai GAP (gli scritti suoi di quel tragico periodo furono poi raccolti dal figlio Benedetto nel volume G. Gentile: dal discorso agli Italiani alla morte, 1950 - Ristampa 2024, Le Lettere).