

L’opera filosofica e scientifica di Alessandro Pascoli si situa tra la conclusione del XVII secolo e l’inizio del XVIII, in anni particolarmente complessi per la storia culturale d’Italia. Essa rappresenta uno dei più significativi e coerenti tentativi di interpretazione dei sistemi di pensiero elaborati in Francia da René Descartes e dai suoi epigoni occasionalisti, in particolare da Nicolas Malebranche. La vicenda intellettuale italiana a cavallo tra il Seicento e il Settecento è fortemente scossa dal razionalismo e dal meccanicismo delle filosofie transalpine e medita il loro senso alla luce dell’eredità speculativa lasciata dalla intensa stagione galileiana. Assai viva in quel frangente, specialmente in taluni ambienti della Penisola, è anche l’influenza della metafisica di Leibniz e della scienza di Newton. Nell’opera del Pascoli, come in quella di Geminiano Montanari e di Michelangelo Fardella, vivono e sono rappresentati al più alto livello tutti questi spunti speculativi, collocati all’interno di una complessa architettura di pensiero elaborata per misurarsi criticamente con il pensiero filosofico e scientifico della tradizione. Rimasti lungo tempo ai margini delle ricostruzioni storiografiche, i trattati metafisici, medici e matematici di Alessandro Pascoli appaiono oggi come una delle più intense testimonianze della vitalità filosofica della cultura italiana del secondo Seicento.

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