

Uruguay, anni Settanta. Un “decennio sporco”, segnato da una dittatura violenta, repressiva. Gli episodi e le testimonianze raccolte compongono un mosaico di storie forti, scomode: parlano le vittime, guerriglieri o semplici cittadini, dissidenti politici che in quegli anni di terrore subirono soprusi e umiliazioni, violenze e aggressioni. L’autore raccoglie e ricompone frammenti di queste vicende, memorie individuali che si intrecciano con speranze collettive, personaggi di cui si raccontano i drammi interiori, senza dimenticare l’importanza della storia, del contesto politico e delle ragioni sociali che li hanno generati. Ogni episodio è scandito da richiami alla Commedia dantesca – a partire dal titolo del volume, che riprende un verso del I Canto del Purgatorio – come se l’autore volesse ripercorrere, attraverso il limbo della scrittura, della memoria, il difficile cammino all’interno del moderno inferno uruguayano. A chi è sopravvissuto – e provocatoriamente anche al lettore – il compito di ritrovare quel color che l’inferno mi nascose, di ricostruire nuove prospettive, nuove speranze sovra quell’ossa morte. Considerato in Uruguay il miglior libro sulla storia della dittatura, Quel color è un testo ricco, composito e non facilmente definibile, ma di sicuro valore e interesse letterario. È la prima opera di Martínez Moreno tradotta in italiano.
Carlos Martínez Moreno (1917-1986) è nato a Colonia del Sacramento, in Uruguay. Ha pubblicato, tra l’altro, Los días por vivir (1960), El Paredón (1963), Los Aborigenes (1964), Con las primeras luces (1966), Coca (1970). Il suo ultimo romanzo, Quel color che l’inferno mi nascose, ha vinto il concorso internazionale Proceso-Nueva Imagen sul tema “Il militarismo in America Latina”.

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