Traduzione di F. Galeotti In un remoto paesino dello Yorkshire al limite della brughiera, scenario che le Brontë hanno reso immortale, May Sinclair ambienta la storia di Gwenda, Mary e Alice, le tre figlie di un autoritario vicario che lì vivono il loro confronto con la legge paterna e le spinte del desiderio.Le incontriamo insieme di sera nell’angusto salotto della canonica, illuminate dal riquadro di luce di una finestra, l’unico chiarore che arriva dalla massa buia dell’edificio. Mary, la più grande, con le mani abbandonate sulle calze che ha smesso di rammendare, il volto assorto ma non turbato; Alice, la più giovane, sdraiata sul divano; Gwenda, la secondogenita, seduta al tavolo, le braccia abbandonate in tutta la loro lunghezza. Delle tre è la più alta, la più scura. È spossata, ha camminato e corso a lungo nella brughiera, e nel suo sguardo vi è qualcosa che scalpita. Tutto in quell’ora è silenzio, immobile e in attesa di qualcosa che sta per avvenire. E tutto è in attesa in questo romanzo, conquistandoci fin dalle prime pagine all’ascolto dell’impercettibile e al suo momento esplosivo.
May Sinclair (1863-1946) fu al centro del fermento innovativo che caratterizzò la scena letteraria londinese di inizio Novecento. Scrittrice apprezzata dai suoi grandi contemporanei Ford Madox Ford, Eliot, Yeats, è autrice di oltre venti romanzi, di numerosi saggi critici e di raccolte di racconti e poesie.