

Dopo alcuni anni di silenzio, Antonio Turolo torna alla poesia con una raccolta insieme fulgida e crudele, in cui l’inchiostro sembra sgorgare direttamente da una ferita. Turolo riprende e rielabora alcune sue ossessioni tipiche, quali la malattia, le dipendenze, il disagio psichico e i ricoveri ospedalieri, alternando episodi della propria storia familiare e inquietanti fatti di cronaca. Un peso decisivo ha il rapporto, sempre ambivalente, con la città di Treviso e con il Veneto, come pure la dimensione del viaggio, più immaginario che reale. Nella sezione finale del volume emerge invece una singolare tensione religiosa, innescata da ricordi infantili o adolescenziali, che rivela al lettore un risvolto inedito e inatteso della poesia di Turolo.
Antonio Turolo (Mestre, 1962) vive a Treviso. Ha svolto attività di ricerca come storico della lingua italiana, pubblicando due monografie: Tradizione e rinnovamento nella lingua del Magalotti (Firenze, Accademia della Crusca, 1993) e Teoria e prassi linguistica nel primo Gadda (Pisa, Giardini, 1995). Ha esordito come poeta con Le parole contate in Poesia contemporanea. Sesto quaderno italiano (Milano, Marcos y Marcos, 1998) e successivamente ha pubblicato Corruptio optimi pessima (Portogruaro, Nuova dimensione, 2007) e A parte il lato umano, Livorno, Valigie Rosse — Premio Ciampi, 2016.

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